Una carnevalata
“Come abbiamo già annunciato, giovedì nel pomeriggio alle ore 15,30 avrà luogo la grande festa in costume per i bambini. Essa si svolgerà sotto gli auspici dell’Opera Nazionale Balilla nel Teatro dei Balilla in via Abramo Massalongo. Durante la festa, che sarà rallegrata da una rinomata orchestrina, verrà dato I nostri giocattoli, lavoro di recitazione e canto che verrà eseguito dagli alunni della scuola Antonio Provolo. In esso agiranno alcuni piccoli attori, tra cui Albertini Ezio, Barbesi Luigi, De Giacomi Attilio, Falezza Giorgio, Fedeli Vito Carlo, Gianfilippi Vincisbaldo, Mesirca Domenico, Montini Corrado, Salmasi Sergio, Segala Peppino. Completeranno il programma attraente alcuni altri numeri di canto e danza, fra i quali La danzatrice di Siviglia (Alda Mileto) ed un ballo campestre con canto. Seguirà la sfilata sul palcoscenico dei bambini in costume, i quali all’entrata del teatro riceveranno un numero per concorrere all’estrazione di bellissimi premi. I prezzi d’ingresso sono quanto mai esigui: gli adulti pagheranno 3 lire, i balilla, piccole e giovani italiane in divisa 1 lira, mentre i bambini mascherati avranno l’ingresso gratuito.”
Così scriveva L’Arena di Verona, lunedì 1 febbraio 1932, nell’artico accuratamente ritagliato e datato dalla mamma di P e che ora, quasi novant’anni dopo, P stesso rilegge. E ricorda che, non avendolo ancora il papà antifascista iscritto tra i balilla, egli si presentò sul palco con il grembiulino nero di scuola e un fazzolettone azzurro annodato al collo, come appunto portavano i balilla.
Il giocattolo che P doveva esibire nello spettacolo era una piccola aeronave, comperata per l’occasione dalla mamma nel solito negozio di Gemmo. Sulla scena il giocattolo diventava il dirigibile Italia con il quale l’esploratore Alberto Nobile aveva sorvolato il Polo Nord il 24 maggio 1928, lanciando una croce benedetta da Pio XI e una bandiera italiana. Le avverse condizioni climatiche impedirono il previsto atterraggio e dopo due ore di vani tentativi il dirigibile iniziò il viaggio di ritorno. Ma proprio in vista delle isole Svalbard, a causa di una violenta tempesta, il dirigibile cadde sui ghiacci. Nobile, gravemente ferito a un braccio e a una gamba, e altri nove uomini dell’equipaggio vennero sbalzati fuori della cabina, mentre il resto del dirigibile, con gran parte del carico e altri sei membri della squadra, riprese quota trascinato dall’uragano e scomparve per sempre. I superstiti trovarono fortunatamente riparo nella famosa Tenda Rossa, che era stata eroicamente gettata su ghiaccio da uno dei sei rimasti a bordo dell’aeronave, e poterono resistere per settimane ai rigori polari grazie ai cibi e agli altri materiali caduti con l’impatto, tra cui una preziosa radio.
Dall’incidente ‒ racconta Wikipedia, ‒ scaturirono sia la prima spedizione internazionale di soccorso polare della storia, sia una complicata vicenda di accuse e controaccuse. Nobile venne portato in salvo con un piccolo aereo svedese comandato dal tenente Lundborg. Egli non voleva essere salvato per primo poiché anche un altro suo compagno, il Cecioni, aveva una gamba fratturata, ma il pilota svedese aveva precise consegne (pare nell’interesse della compagnia assicuratrice), e fu irremovibile nell’ordinare a Nobile di essere salvato per primo. Quando il pilota ritornò a prendere gli altri, precipitò egli stesso rimanendo a sua volta imprigionato tra i ghiacci. In totale perirono otto persone dell’equipaggio dell’Italia; Anche il famoso l’esploratore svedese Amundsen, che partecipava alla ricerca dei dispersi, precipitò col suo aereo e non fu più ritrovato.
Mentre tutte le forze internazionali di soccorso si erano mobilitate per salvare i superstiti, la sola nazione che rimase inerte fu proprio l’Italia. La nave appoggio Città di Milano comandata dal capitano Romagna restò alla fonda, su tassativi ordini di Roma, in un fiordo dell’isola norvegese di Spitsbergen Una volta che Nobile vi salì a bordo, fu trattenuto quasi come un prigioniero, impossibilitato a fornire utili indicazioni per il salvataggio dei suoi compagni, mentre la stampa, su pressione fascista, lo tacciava di vigliaccheria (Nobile non aveva mai espresso il proprio entusiasmo politico verso il regime, tant’è vero che poi divenne comunista ed emigrò in Russia e successivamente negli Stati Uniti, rientrando in Italia solo nel 1945).
Di tutto ciò non si parlò naturalmente al teatro dei Balilla. P recitò il testo preparato dalla sua maestra, che esaltava l’impresa patriottica del dirigibile Italia, ed ebbe applausi e complimenti. Solo ora, a tanti anni di distanza, riflette sulla confusione tra costumi di carnevale (con ingresso gratuito) e divise pseudo-militari (a pagamento di 1 lira) dei bambini ignari di partecipare a una mascherata grottesca. L’articolo uscito sull’Arena è anche il primo esempio degli innumerevoli casi di un’altra confusione di cui per tutta la sua esistenza fu vittima P: quella sul nome Vita, che il proto del giornale aveva scrupolosamente ma arbitrariamente corretto in Vito.