Storie brevi – Cosa so?
Cosa so?
Mancano due minuti alle otto e mezza quando Emilio, berrettino già in testa, pronto per la spiaggia, apre la porta che collega la camera da letto dei genitori alla sua.
Emilio, quante volte te lo devo ripetere che prima di entrare si deve bussare, lo rimprovera benevolmente il papà, ancora a letto con un libro in una mano e la prima sigaretta del giorno nell’altra.
Papà, posso andare da Tina e Betta, su alla loro camera numero 32?
Emilio è impaziente di stare con le bambine Franci, le figlie degli amici della mamma e del papà, arrivati la sera prima e ospiti dello stesso albergo.
Che fretta c’è? L’appuntamento per la colazione è tra un’ora, non fare il solito smanioso.
Ma io voglio giocare, insiste Emilio battendo i piedi.
E va bene, va’ alla camera 32, spero che siano già sveglie. Cerca di non disturbare troppo, se non rispondono torna subito qui. Però bussa prima di entrare, anche se la porta è aperta, raccomanda ancora il papà.
E niente ascensore da solo, prendi la scala, gli ricorda la mamma dal bagno, e non cominciare a scalmanarti fin da quest’ora.
Ma Emilio è già uscito e sta correndo nel lungo corridoio verso la scala che porta al terzo piano.
Quando arriva davanti al numero 32 ha il fiato grosso per gli scalini saliti due alla volta. Bussa, gira la maniglia, la porta si socchiude. Tina, Betta, siete sveglie?, chiede Emilio infilando la testa nello spiraglio, occhi sbarrati nel buio.
Oddio no! Oddio no!, strilla una voce di donna con una strana risata, oddio no, Emilio, non entrare! E lo strillo si perde in un’altra risatina soffocata sotto le lenzuola, mentre un uomo dice in fretta e forte non entrare, Emilio, e richiudi la porta, per favore.
Emilio riconosce le voci di Nora e Giorgio, i genitori di Tina e Betta. Cosa ci fanno nella camera delle bambine, e perché strillano tanto? Emilio sta lì, perplesso, alla porta socchiusa, non vede niente nel buio della stanza, benché aguzzi lo sguardo, incuriosito da quelle strane grida, come di persone sorprese durante chissà quale gioco.
Emilio, chiudi subito quella porta! Stavolta l’urlo del signor Franci è un ordine perentorio.
Emilio richiude. E’ confuso, un po’ impaurito. Perché quel tono insolito, così brusco? I genitori di Tina e Betta sono sempre così gentili con lui. Si avvia nel corridoio, scende la scala, torna alla camera della mamma e del papà.
Bussa prima di entrare, e la mamma dice avanti. Emilio torna nel mondo protetto della famiglia.
Non le hai trovate? Perché quell’aria mogia?, chiede la mamma che si sta infilando i sandali.
Emilio non replica. Testa abbassata, alza le spalle.
Scommetto che stavano ancora dormendo, interviene dal bagno il papà.
Vieni qua, soldatino, cos’è successo, lo coccola la mamma, le bambine non ti hanno fatto entrare? Non ti hanno voluto?
No, dice Emilio sul punto di mettersi a piangere. E poi Giorgio mi ha cacciato via.
Cacciato via?
Sì, ho bussato, ho aperto la porta, dentro era tutto buio, non si vedeva niente, e la Nora e Giorgio mi hanno urlato di chiudere. Allora sono tornato qua.
Avrai sbagliato camera, dice il papà affacciandosi dal bagno, la faccia mezzo insaponata.
No, sulla porta c’era proprio segnato il numero 32.
Alle nove e mezza scendono nella sala da pranzo. I Franci sono già tutti al loro tavolo, le bambine dicono ciao e sorridono a Emilio.
Emilio deve aver sbagliato camera, dice la mamma sedendosi al tavolo accanto.
No, era la camera numero 32, dice Emilio.
Noi siamo nella camera 33, dice Betta, la 32 è quella del papà e della mamma.
Dopo ne parliamo, dice Giorgio al papà di Emilio. Poi chiacchierano d’altro.
Basta poco a Emilio, sulla spiaggia, per dimenticarsi della camera 32 o 33. Lui e le bambine si sono subito impegnati a rilanciarsi la palla, che rotola lontano, al primo calcio ben assestato, e finisce proprio sotto il loro ombrellone. Tocca a Emilio correre a riprenderla. Il suo papà e Giorgio, seduti sulle sdraio, stanno parlando e non si accorgono di lui.
Sì che ha bussato, ma è entrato senza aspettare che gli dicessimo avanti.
Però in certi momenti la porta va chiusa a chiave, dai.
Ma non si sta tanto a pensare alle porte, in certi momenti.
Ridacchiano.
Naturalmente la Nora si è messa a strillare, ma sai com’è fatta, le è venuto da ridere. Emilio allora ha cercato di guardare cosa stavamo facendo. Curiosava. Secondo me sa già qualcosa. Stacci attento.
Cosa so?, si domanda Emilio tornando con la palla verso le bambine.