Pancia vuota e piena
P ha un’infanzia disappetente. La mamma è un’ottima cuoca, il papà e il nonno fanno sempre il bis e lasciano i piatti ripuliti fino all’ultima briciola e goccia di sugo. P, invece, a tavola è una pena. Una forchettata di pastasciutta, un cucchiaio scarso di minestrina in brodo o di semolino, e dice ‘basta’. Gradisce solo, la mattina, il caffelatte coi biscotti e un uovo sbattuto con lo zucchero. Quanto agli altri pasti, nemmeno parlare di pollo e di carne, e figurarsi della verdura. Un ritaglio di cotoletta con due-tre patatine al forno o col purè; mezza banana (arrivata a buon prezzo dalla preimperial-colonia Somalia) e, se noiosamente sollecitato, secondo la stagione, due ciliegie stentate, un acino d’uva, un mandarino al massimo. Ma alla fine, questo senz’altro sì, purtroppo non tutti i giorni, tanta crema o budino di cioccolata! L’immagine della mamma in cucina mentre grattugia un grosso pezzo scuro di fondente (forse non ci sono ancora le bustine già pronte), fa sciogliere il grattato nel latte e poi lo cuoce a fuoco lento sempre rimestando nel pentolino con un cucchiaio di legno, e poi versa il delizioso risultato in una gran tazza, che mette nella moscarola sulla finestra, a raffreddare, … È uno dei ricordi più presenti in P. Assieme a quello del pentolino, con i deliziosi residui da leccare.
Poi, fuori pasto, i fichi, quelli sì, specie se molto maturi, colti dall’albero in giardino, sopravvissuto alla tremenda gelata del ’29. È chiaro, P privilegia solo le cose zuccherine, consolatorie di chissà quali infantili psicoferite, e suscitatrici di carie.
La mamma non si dà pace della disappetenza del suo bambino e consulta il medico di famiglia, che ordina il tradizionale olio di fegato di merluzzo, rifiutato con capricci da P. Si provvede allora con l’Emulsione Scott. La premiata ditta Scott & Browne maschera il sapore nauseante con un tocco moderatamente dolce e il colore sospetto con qualcosa che rende il liquido innocentemente bianco, e fornisce all’organismo carotene e vitamina E, rafforzando le difese organiche e sollecitando le funzioni cerebrali. E offrendo per giunta in regalo bellissime figurine in tricromia, da raccogliere assieme a quelle Liebig.
Allo scopo di stimolare per emulazione il bambino al cibo, viene invitato spesso a pranzo un compagno di scuola vicino di casa, che si pappa tutto avidamente. Vedi com’è bravo Giorgio… e tu?, dice la mamma. Ma P non ci sta, si alza da tavola e scappa in giardino.
Sono tutte cose che P rammenta, più o meno bene. Ve ne sono altre, dei suoi primi anni persi nel nulla, che tornano alla sua mente solo grazie al ricordo dei racconti materni e a certe vecchie foto. Una di queste lo ha sempre colpito. È della mamma, che appare magrissima e smunta. Strana immagine, perché in tutte le altre la bella e snella Miryam è ben nutrita e in fiore. P collega la foto a una delle storie che la mamma amava raccontargli. Mi piaceva moltissimo allattarti, ma sono andata avanti troppo, fin che il mio tanto latte stava diventando acqua. Tu dimagrivi e il medico mi ha detto: cosa aspetta a cominciare con le pappe?. No la vede che el perde el col? (traduzione: non vede che la testa gli pende sul collo, cioè che il bambino è denutrito?),
P, da grande, pensa che la magrezza della mamma in quella foto fosse una sorta di autopunizione, l’indizio di un passeggero episodio depressivo. Ne ignora la causa (post partum?), ma ricorda bene certe ansie materne di controllargli i cibi (il riso esaminato chicco per chicco, la paura degli aghi e delle spille, anche di sicurezza). Atteggiamenti iperprotettivi, forse all’origine della disappetenza. Anche qui: è bello incolpare qualcun altro di tutto. La psicologia serve moltissimo alla discarica.
Il piccolo P offre però seri motivi di preoccupazione. Un giorno trova incustodita una scatola di caramelline colorate. Le assaggia: sono dolci, sono buone! Per fortuna la mamma se ne accorge in tempo, ma il bimbo ne ha già inghiottite un bel po’. Sotto lo zucchero, c’è l’amaro d’un sonnifero. Il medico ordina bicchieroni di latte per suscitare il vomito, e poi raccomanda assolutamente di tenere il bambino sveglio. Una notte d’angoscia, racconta la povera mamma, certamente sentendosi in colpa. Fonte delle manie materne sono le marachelle deglutitorie del pupo? Un pericoloso circolo chiuso di cause e di effetti?
P guarisce della disappetenza solo all’arrivo della pubertà, che gli svela anche il gusto del cibo. Da allora non smette più di mangiare, di riempirsi voracemente bocca e pancia. Quasi in forma coattiva, chissà se in connessione con un narcisismo orale (o anale? boh) mai sopito, o di ritorno. P deve sempre stare molto attento, soprattutto con le cose dolci. Mai tenere in casa biscotti, cioccolatini o frutta secca. Forse lo aiuta a controllarsi più avanti un altro narcisismo, quello della forma fisica, gratificante per sé e da esibire agli altri, e ancora più in là le preoccupazioni per la cosiddetta salute. Che la libido relazionale e poi l’istinto a sopravvivere gli bilancino i desideri pulsionali? Con queste complicazioni della psiche non è mai finita.